domenica 16 dicembre 2012

Un governo progressista

Un governo progressista


La scelta dei referenti sociali e il programma di governo, in particolar modo durante una crisi come quella che stiamo vivendo, sono come una bussola e una mappa in mezzo alla tempesta. Non possiamo prevedere quali siano gli sviluppi effettivi di una crisi siffatta, che è mondiale e strutturale, ma possiamo e dobbiamo impedire che si schianti sugli scogli dell’austerità la vita di tanta parte della popolazione italiana.
Ho sempre pensato che il progetto di costruire un’alleanza di centrosinistra servisse a definire un campo di azione politica, non esaustivo ovviamente, per chi ha contestato il pensiero unico mercatista. La dimensione del governo è stata per troppo anni identificata come il campo della cultura liberista. Il prevalere della cultura della governamentalità ha impedito un’evoluzione processuale della funzione di governo, sostituendola con una parodistica contrapposizione tra governisti integrati e apocalittici testimoniali. La conseguenza di un tale problema è stato quello della progressiva perdita di autonomia della politica e il passaggio ad una condizione sempre più rassegnata a tutti i “vincoli esterni” che di volta in volta si riproponevano. Il culmine della cultura del vincolo esterno si è raggiunto quando si è passati direttamente a un “governo esterno”, come è quello guidato da Mario Monti, interpretando la crisi e l’emergenza come il campo d’elezione per una politica di tal fatta.
Il primo impegno di un governo di centrosinistra sarà dunque quello di non sottomettersi all’ideologia del vincolo esterno. In particolare, non inchinarsi di fronte alle ricette che sono state imposte dalla politica di austerity: tagli alla spesa sociale, innalzamento della pressione fiscale sui ceti meno abbienti, privatizzazioni. Il governo Monti ha dato seguito alle prime due linee, in particolare con il taglio delle pensioni e con l’imposizione dell’Imu, mentre non ha avuto (per fortuna!) il tempo di privatizzare Eni, Enel, Finmeccanica, Poste ecc.
Siccome la crisi va affrontata, il primo punto di un governo progressista dovrà essere quello di rimettere in discussione le politiche di austerity in tutta Europa. Costruire un asse con Hollande e sperare che le elezioni tedesche vedano una sconfitta delle politiche di Angela Merkel, significa porre le basi per una revisione profonda delle politiche economiche e per una verifica critica degli effetti recessivi del Fiscal compact. Nello stesso tempo va immediatamente messa in campo una fortissima azione redistributiva. Intendiamoci bene: la redistribuzione della ricchezza è alla base della crescita (che dovrà essere ecologicamente orientata), non viceversa. Aumentare la domanda aggregata, definire un contesto di fiducia (contrastando la precarietà, a partire dall’abolizione della legge Biagi), dare molto più spazio agli investimenti sono le condizioni per poter avviare una realistica ripresa entro la fine del 2013.
La sfida sarà dimostrare che T.i.n.a. (this is no alternative) non abita più qui. Quella che stiamo vivendo non è una crisi da debito pubblico troppo elevato (che pure va ridotto), piuttosto essa è una crisi connessa all’elevatissimo grado di diseguaglianza. Nel nostro paese la prima leva da mettere in campo è quella fiscale. La sperequazione fiscale, tra chi paga troppo e chi evade, disegna una società duale. L’introduzione di una patrimoniale ordinaria sui grandi attivi finanziari potrebbe modificare strutturalmente la base imponibile, consentendo un consistente abbassamento dell’Irpef per i ceti medi e bassi e per finanziare un reddito minimo garantito. Inoltre, bisognerebbe liberare risorse per una politica d’investimenti, per esempio mettendo in sicurezza il territorio, e qui diventa ineludibile il taglio delle spese militari, a partire dalla cancellazione del programma di acquisto degli F35. Sul piano degli investimenti, quello più importante sarà di sicuro quello sulla formazione, sulla ricerca e l’università, cancellando la Gelmini, ma non ritornando nel solco delle riforme Berlinguer.
Un governo di centrosinistra, poi, non potrà definirsi tale se non riuscirà a garantire ed estendere le libertà dei cittadini. Dai diritti per le persone omosessuali alla fecondazione assistita, dalle scelte per il fine vita ai diritti per i migranti (a partire dalla cittadinanza per i bambini nati in Italia). Inoltre, dovrà garantire che ci sia una nuova legislazione che garantisca il pieno esercizio dei diritti sindacali, dall’elezione delle rappresentanze al voto obbligatorio sui contratti di lavoro.
Infine, il nuovo governo dovrà essere molto più rispettoso della divisione dei poteri. Così il Parlamento potrebbe legiferare immediatamente su ciò che tutti s’aspettano come primo atto al suo insediamento: tagliare i privilegi, diminuire le risorse pubbliche ai partiti, ridurre le ridondanze istituzionali e gli sprechi connessi all’attività politica, fare finalmente una legge sui partiti in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Ciò che un’azione sinceramente riformatrice non potrebbe sopportare oltre è che le forze che la propongono non riescano a riformare innanzitutto loro stesse.

1 commento:

  1. Si hai dipinto una situazione ideale a cui è difficile non inspirarsi.
    Ma oramai non ci credo più , questa nostra povera nazione è stata massacrata sia nel campo sociale che in quello economico da generazioni di tecnocrati che hanno guardato solo al
    proprio tornaconto economico e quelle poche forze sociali (come la vostra) che propongono soluzioni per il bene comune sono destinate a scontrarsi, nelle sedi istituzionali, con il
    muro di gomma degli interessi privati e di partito dei nostri politici.
    La questione non è tanto quella che non esistono più neanche i partiti di destra o di sinistra in cui riconoscersi, il qualunquismo e l'antipolitica crescente,bensì quella che i cittadini, spremuti come limoni, hanno perso oramai qualsiasi speranza nel futuro; la voglia di ricominciare e quella del riscatto sociale che ci avevano caratterizzato negli anni del dopoguerra sono oramai del tutto scomparsi
    Del resto le prospettive di un giovane oggi sono ben diverse, per quelli che lo trovano una vita interamente dedicata al lavoro (sottopagato) e probabilmente senza la possibilità di mettere su famiglia in una casa propria perchè nessuna banca ti darà mai un mutuo con quello stipendio da fame, e la certezza, anno dopo anno, di abbassare il proprio tenore di vita e magari di vederti tagliare anche la sanità perchè quest'anno hai prodotto lo 0,5% in meno ed i capitali sono stati dirottati nei paesi emergenti ...

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