ACHILLE OCCHETTO,
L'ULTIMO LEADER DEL PCI E DELLA POLITICA FATTA DI VALORI ED ETICA, NONCHE' IL PRIMO RINNOVATORE SCEGLIE VENDOLA
L’ex leader del Pds: «Alle primarie voto Vendola, chiaro»
«Quando sostituimmo Natta, e quando poi ci fu la svolta, si fece a gara a portarsi dalla propria parte i “vecchi”, altro che rottamare». Achille Occhetto ti accoglie sull’uscio di casa e neanche si fa porre le domande, ha voglia di parlare, di dire la sua, quel che sta avvenendo in questi giorni lo coinvolge direttamente, si può anzi dire che gran parte di quel che accade se non tutto è cominciato da lui. Occhetto è stato l’ultimo segretario del Pci e il primo rinnovatore di una intera classe dirigente, quella comunista italiana.
Ma guai a dargli del rottamatore ante litteram. «Già il termine fa ribrezzo. E comunque sia chiaro: all’epoca non c’erano mica Occhetto o D’Alema in prima fila, erano ancora in campo personaggi del calibro di Napolitano, Ingrao, Lama, Tortorella, Pajetta. Se la scelta cadde su di me e se si affermò un nuovo gruppo dirigente, è perché bisognava fare un’altra cosa, c’era una linea e un partito intero da cambiare, cosa che nessuno di quei pur importanti personaggi poteva fare, visto che erano parte costitutiva di quella “cosa” che andava cambiata profondamente». Conclusione: «Il problema del reclutamento e del cambio di classi dirigenti è antico come la storia. Ed è stato messo in atto in vari modi, con la violenza, con i complotti, con tragedie alla Shakespeare, o in modo democratico. Nel Pci si pose in maniera stringente nel ’56, e in quel partito in generale, cosa che oggi può apparire paradossale, quando si doveva “liberarsi” di qualcuno o lo si voleva neutralizzare politicamente, lo si mandava in parlamento, era il partito il punto di riferimento. Tutto questo per dire una cosa semplice ma centrale: non esiste ricambio di classi dirigenti sganciato dalla politica e dalla lotta politica, avulso da una linea, altrimenti lo stesso rinnovamento diventa un limite, una questione anagrafica che si tramuta nel suo opposto».
Nel senso che il rottamatore finisce per essere rottamato? «Nel senso che, se il tutto avviene sganciato da una linea, un progetto, un programma, si rischia di mettere al posto degli anziani gli stampini dei medesimi». Si ferma un attimo, ci pensa su, scorre qualche appunto, quindi prosegue il ragionamento: «Il giorno in cui Bersani ponesse con serietà il tema del ricambio di classe dirigente associato alla linea, Renzi e il renzismo diventerebbero obsoleti». Ma insomma questo Renzi, niente da spartire o c’è qualcosa di positivo da prendere? In fin dei conti è come se fosse andato da qualcuno a dirgli “sei obsoleto, devi farti da parte”, come disse D’Alema a Occhetto dopo la sconfitta del ’94. Il primo segretario del Pds non si scompone, «non mi interessa il destino personale dei singoli, né gioisco sulla candidatura o meno di qualcuno, sarebbe un non senso dal punto di vista politico se tutto si riducesse al destino delle persone». Anche D’Alema in tv l’ha posta in termini politici politici. «Ha detto una cosa gravissima, che se vince Renzi lui non ci sta, e che fa, una scissione?». E su D’Alema non dice altro. Di Veltroni parla invece volentieri, ogni tanto si sentono, gli dispiace solo, e lo sottolinea, che «i due da un certo punto in poi hanno scelto di procedere con un accordo pattizio fondato sull’amicizia più che sulla politica, e non ne è venuto gran beneficio, direi».
Akel ragiona tranquillo, è come riappacificato con se stesso, è dimagrito di 12 chili con una ferrea dieta ormai da sei mesi, «ora sono nella fase più difficile, il mantenimento», aspira l’immancabile pipa, sul divano l’immancabile gatta Regina dal pelo lungo, tutt’intorno foto e ritratti tutti privati, con i figli, con Aureliana, con la sorella, ma nessuna foto del suo passato politico. Il discorso torna sul tema del momento, Renzi, renzismo, ricambio, rinnovamento.
Si è capito che a Occhetto non piace il termine «rottamare», gli preferisce «valorizzare ».
Dice: «Chi è testimone di un ruolo storicamente valido, non deve essere spazzato via. Cambia semplicemente di funzione». E fa un esempio ricorrendo alla storia: «Già nell’antichità c’era la distinzione tra vecchi saggi e generali sul campo. Si potrebbe pensare di dar vita a una sorta di Aeropago dei saggi, con le diverse personalità delle diverse sinistre a cui dare, o ridare, la voce per trasmettere la memoria storica». Quanto al Pd e al suo futuro, Occhetto vorrebbe, auspicherebbe una vera e propria «rifondazione democratica», e la spiega così: «Il Pd andrebbe rifondato. Bersani o Renzi, chiunque vinca, dovrebbe farsi promotore assieme a Vendola di un grande rinnovamento politico, con un giusto rapporto tra le componenti, la coscienza storica e le radici». Con una chiosa versus Renzi: «Spero non accentui la sua deriva neo-liberista, nel qual caso il suo rinnovamento diventerebbe un gioco che non vale la candela». Ma insomma, Occhetto chi voterà? «Vendola, chiaro. In modo da favorire un reale processo di fusione».
Nino Bertoloni Meli
pubblicato su Europa
«Quando sostituimmo Natta, e quando poi ci fu la svolta, si fece a gara a portarsi dalla propria parte i “vecchi”, altro che rottamare». Achille Occhetto ti accoglie sull’uscio di casa e neanche si fa porre le domande, ha voglia di parlare, di dire la sua, quel che sta avvenendo in questi giorni lo coinvolge direttamente, si può anzi dire che gran parte di quel che accade se non tutto è cominciato da lui. Occhetto è stato l’ultimo segretario del Pci e il primo rinnovatore di una intera classe dirigente, quella comunista italiana.
Ma guai a dargli del rottamatore ante litteram. «Già il termine fa ribrezzo. E comunque sia chiaro: all’epoca non c’erano mica Occhetto o D’Alema in prima fila, erano ancora in campo personaggi del calibro di Napolitano, Ingrao, Lama, Tortorella, Pajetta. Se la scelta cadde su di me e se si affermò un nuovo gruppo dirigente, è perché bisognava fare un’altra cosa, c’era una linea e un partito intero da cambiare, cosa che nessuno di quei pur importanti personaggi poteva fare, visto che erano parte costitutiva di quella “cosa” che andava cambiata profondamente». Conclusione: «Il problema del reclutamento e del cambio di classi dirigenti è antico come la storia. Ed è stato messo in atto in vari modi, con la violenza, con i complotti, con tragedie alla Shakespeare, o in modo democratico. Nel Pci si pose in maniera stringente nel ’56, e in quel partito in generale, cosa che oggi può apparire paradossale, quando si doveva “liberarsi” di qualcuno o lo si voleva neutralizzare politicamente, lo si mandava in parlamento, era il partito il punto di riferimento. Tutto questo per dire una cosa semplice ma centrale: non esiste ricambio di classi dirigenti sganciato dalla politica e dalla lotta politica, avulso da una linea, altrimenti lo stesso rinnovamento diventa un limite, una questione anagrafica che si tramuta nel suo opposto».
Nel senso che il rottamatore finisce per essere rottamato? «Nel senso che, se il tutto avviene sganciato da una linea, un progetto, un programma, si rischia di mettere al posto degli anziani gli stampini dei medesimi». Si ferma un attimo, ci pensa su, scorre qualche appunto, quindi prosegue il ragionamento: «Il giorno in cui Bersani ponesse con serietà il tema del ricambio di classe dirigente associato alla linea, Renzi e il renzismo diventerebbero obsoleti». Ma insomma questo Renzi, niente da spartire o c’è qualcosa di positivo da prendere? In fin dei conti è come se fosse andato da qualcuno a dirgli “sei obsoleto, devi farti da parte”, come disse D’Alema a Occhetto dopo la sconfitta del ’94. Il primo segretario del Pds non si scompone, «non mi interessa il destino personale dei singoli, né gioisco sulla candidatura o meno di qualcuno, sarebbe un non senso dal punto di vista politico se tutto si riducesse al destino delle persone». Anche D’Alema in tv l’ha posta in termini politici politici. «Ha detto una cosa gravissima, che se vince Renzi lui non ci sta, e che fa, una scissione?». E su D’Alema non dice altro. Di Veltroni parla invece volentieri, ogni tanto si sentono, gli dispiace solo, e lo sottolinea, che «i due da un certo punto in poi hanno scelto di procedere con un accordo pattizio fondato sull’amicizia più che sulla politica, e non ne è venuto gran beneficio, direi».
Akel ragiona tranquillo, è come riappacificato con se stesso, è dimagrito di 12 chili con una ferrea dieta ormai da sei mesi, «ora sono nella fase più difficile, il mantenimento», aspira l’immancabile pipa, sul divano l’immancabile gatta Regina dal pelo lungo, tutt’intorno foto e ritratti tutti privati, con i figli, con Aureliana, con la sorella, ma nessuna foto del suo passato politico. Il discorso torna sul tema del momento, Renzi, renzismo, ricambio, rinnovamento.
Si è capito che a Occhetto non piace il termine «rottamare», gli preferisce «valorizzare ».
Dice: «Chi è testimone di un ruolo storicamente valido, non deve essere spazzato via. Cambia semplicemente di funzione». E fa un esempio ricorrendo alla storia: «Già nell’antichità c’era la distinzione tra vecchi saggi e generali sul campo. Si potrebbe pensare di dar vita a una sorta di Aeropago dei saggi, con le diverse personalità delle diverse sinistre a cui dare, o ridare, la voce per trasmettere la memoria storica». Quanto al Pd e al suo futuro, Occhetto vorrebbe, auspicherebbe una vera e propria «rifondazione democratica», e la spiega così: «Il Pd andrebbe rifondato. Bersani o Renzi, chiunque vinca, dovrebbe farsi promotore assieme a Vendola di un grande rinnovamento politico, con un giusto rapporto tra le componenti, la coscienza storica e le radici». Con una chiosa versus Renzi: «Spero non accentui la sua deriva neo-liberista, nel qual caso il suo rinnovamento diventerebbe un gioco che non vale la candela». Ma insomma, Occhetto chi voterà? «Vendola, chiaro. In modo da favorire un reale processo di fusione».
Nino Bertoloni Meli
pubblicato su Europa
Nessun commento:
Posta un commento
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7/03/2001.
Chi lascia commenti ai post si assume ogni responsabilità civile e penale di ciò che scrive. L';autore del blog declina ogni responsabilità per i siti segnalati e per il loro contenuto.