sabato 18 agosto 2012

Ilva, lo scontro non risolve i problemi

 INTERVISTA AL SEGRETARIO DI 
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA'  
E PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA VENDOLA

“Andare allo scontro e’ sbagliato. Gli atti del giudice indicano la strada per evitare la chiusura. Qui, a Bari, al tavolo degli incontri che ho avuto con l’Ilva e i sindacati, abbiamo scelto un’altra strada rispetto a quella di Roma. E ne sono felice, perché nelle prossime ore la partita potrebbe anche sbloccarsi”
Presidente Vendola, ce l’ha con la decisione del governo di ricorrere alla Consulta contro la magistratura pugliese?
«Mi tengo alla larga dalle dispute giuridiche. Ma vedo i fatti. L’esecutivo, per bocca del sottosegretario Catricalà, ha attivato un conflitto con i giudici di Taranto. Dal tavolo pugliese, con l’Ilva e le forze sociali, è partito invece un rilancio positivo del confronto con la magistratura».
Basta questo per pensare di risolvere il caso?
«Abbiamo chiesto all’Ilva di confermare il nuovo stile dell’azienda. Il dialogo con le parti, una svolta radicale su ambiente e salute. E il prefetto Ferrante ha manifestato tutto il suo rispetto per le decisioni dei giudici».
Belle parole?
«Abbiamo chiesto atti concreti e impegnativi che assomiglino molto al cronoprogramma per la fabbrica di chi ha disposto il sequestro dell’area a caldo, cioè la Procura. Le risposte sono state incoraggianti. La spinta nostra è che avvenga quanto prima».
Insomma, l’Ilva sarebbe pronta a presentarsi con un piano di “bonifica” alla Procura. Parliamo di giorni, di settimane?
«Parliamo di ore».
Ma i magistrati hanno già disposto la chiusura dell’impianto. Che fanno, aprono una trattativa “sindacale” sul piano di Ferrante?
«Chi ha letto l’ordinanza sa. Bisogna guardare con meticolosa attenzione a quel che i giudici hanno scritto nelle carte, e anche fra le righe. Lì dentro c’è la soluzione, il percorso da compiere per evitare la chiusura, ambientalizzando finalmente la fabbrica. L’Ilva deve presentarsi disarmata».
Cioè?
«I magistrati hanno sorpreso qualcuno con la pistola e il colpo in canna. Le buone intenzioni non bastano. Il proiettile va tolto dalla pistola. E solo i giudici possono certificarlo. Quel che deve fare l’azienda è un gesto forte di stacco definitivo col passato, rompere la spirale fabbrica-malattia».
Nello scontro tra lavoratori e giudici si schiera allora con i pm e il gip di Taranto?
«Solo un certo variegato estremismo dà questa chiave di lettura, fornisce la rappresentazione caricaturale di una frattura insanabile. Fra gli operai la sensibilità sull’ambiente è cresciuta tanto, sanno bene che ne va della loro salute. Servono perciò le ragioni della mediazione, insieme ad un messaggio rassicurante, che stemperi un clima che rischia di incendiarsi. Ma ci sono in giro tanti nemici della mediazione».
Chi sono?
«Da una parte l’industrialismo cieco, vecchio stile, tipo Italsider che ha avvelenato le nostre città. Dall’altra, l’ambientalismo fondamentalista, che pensa di fare a meno dell’industria. Roba da reazionari».
La Regione Puglia è esente da colpe per l’inquinamento dell’Ilva?
«Vedo all’opera qualche canaglia e sciacallo d’alto bordo che cerca di rovesciare le responsabilità su di noi. Parlano i fatti. Con le leggi regionali all’avanguardia nazionale che la Puglia si è data, in tre anni la diossina è passata da 786 grammi a 3,4 grammi all’anno».
E il governo nazionale?
«C’è uno spaventoso vuoto normativo in materia. Non a caso è scattato l’intervento della magistratura. Mi sarei aspettato perciò una attenzione molto più scrupolosa sui profili delle competenze di ciascuno, prima di far scattare conflitto come quello aperto davanti alla Consulta».
Umberto Rosso
Fonte: repubblica


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