martedì 10 luglio 2012

DOPO LE DUE SINISTRE

  La nuova sinistra non può accontentarsi di temperare gli appetiti del neoliberismo e fare da sentinella alla casta dei superfinanzieri che hanno prodotto la crisi.

Ho letto con grande interesse e profonda condivisione la riflessione di Mario Tronti pubblicata ieri su L’Unità.
Tronti squaderna la domanda che in tanti si stanno facendo, ovvero se esista la possibilità di costruire una soggettività politica di sinistra autonoma, che non sia più incastrata tra riformisti succubi dell’egemonia neoliberista e i radicali avvolti nelle scarlatte bandiere della testimonianza.
Siamo partiti dalla nostra parzialità. Non volevamo un ennesimo “nuovo partito” ma provare a “riaprire la partita”. La nascita di Sinistra ecologia libertà è tutt’uno con la domanda”si può uscire dalla crisi da sinistra?”
Abbiamo iniziato dalle parole, dal vocabolario di un nuovo progetto di liberazione: beni comuni, diritti civili, diritti dei lavoratori, energie rinnovabili, sviluppo sostenibile e soprattutto eguaglianza, una parola densa di storia e ancora piena di promesse. È proprio la diseguaglianza prodotta dal finanz-capitalismo ad essere la radice della crisi di convivenza, ripartire da qui è indispensabile.
 Abbiamo poi immaginato una nuova grammatica, fatta di relazioni tra persone vive e non di mediazione tra apparati e blocchi di potere morti.
 Per noi, che amiamo la Costituzione repubblicana, nulla è più straordinario della pratica della democrazia, meglio se diretta e partecipata: in primo luogo nei luoghi di lavoro e poi nelle istituzioni rappresentative, mai tanto mortificate. Una grammatica nuova che scoprisse anche la forza delle primarie, con il primo obiettivo di aprire le scatole cinesi che hanno imprigionato i partiti.

Ad un certo punto della nostra storia siamo stati chiusi nel vicolo cieco delle due sinistre. Oggi, come giustamente ammonisce Tronti, la crisi non permette più dispute nominalistiche, ma richiama l’ambiziosissimo obiettivo di essere lievito per la nascita di una sinistra nuova e unitaria, moderna e legata alle sue radici vitali. Per questo Sel ha subito dichiarato di volersi mettere a disposizione di un processo più vasto, un comune campo che potesse costruire una comune soggettività politica.
Oggi questa meta, che appena pochi anni fa pareva una chimera, è a portata di mano. Il berlusconismo è rovinato nella polvere, ma è l’intera “fase neoliberista del capitalismo-mondo”, per usare la definizione adoperata da Tronti, che svela tutta la sua potenza distruttrice, proprio nel momento in cui più è in crisi. A fronte di questa realtà, molti degli ostacoli ideologici che impedivano di ricostruire una sinistra moderna avrebbero dovuto dissolversi.
Penso che sia il nostro comune interesse guardare a questo livello i problemi, non ritornando alla pigra riedizione del terreno dell’alternanza. Il rapporto con i moderati rischia di essere solo tra ceti politici e, ancora peggio, tra i ceti politici interni ai nostri partiti.
 Del resto è opinione comune che il Pd non abbia affrontato tanti punti controversi che invece sarebbero facilmente risolti rivolgendo il proprio sguardo agli elettori del Pd stesso e di tutto il centrosinistra, dai diritti civili a quelli del lavoro.
Il punto oggi è come affrontare la prossima scadenza elettorale e, soprattutto, con quale progetto. Monti fa parte dell’orizzonte dopo il 2013? Il suo essere stato un governo “eccezionale per uno stato d’eccezione”, tesi che per altro non ho mai condiviso, si è trasformato in norma, rigore e regola?
 Lo pensa sicuramente chi ha nostalgie del quindicennio blairiano, anche dentro il Pd. All’epoca si vinceva, alcuni dicono, eppure è da allora, come ci ricorda spesso Jacques Delors, che si sono aperte le via al trionfo della destra liberista, che oggi detta l’insostenibile linea della austerità. La nuova sinistra non può accontentarsi di temperare gli appetiti del neoliberismo e fare da sentinella alla casta dei superfinanzieri che hanno prodotto la crisi. La nuova sinistra deve essere invasa dall’irruzione del suo popolo, che oggi accumula distanza e rancori, piuttosto che speranze e fiducia.
A questo servono le primarie, e sono, esse stesse, soltanto un primo passo. Noi per primi non sapremmo che farcene se dovessero ridursi a un berlusconiano concorso di bellezza, a una gara di telegenicità.
Esse devono essere il terreno privilegiato per confrontare le diverse idee dell’Italia.
Una nuova e unitaria sinistra ha quindi bisogno di idee e di gambe per sostenerle. Ci sono tre aspetti irrinunciabili, che ritengo costituenti in Italia ed in Europa.
Il primo e fondante è una nuova valorizzazione del lavoro, invertire il metodico processo di sgretolamento della dignità del lavoro che ha costituito l’essenza dell’egemonia neoliberista.
Mettere al centro il lavoro significa anche garantire reddito a chi il lavoro non ce l’ha o lo ha solo in via saltuaria e precaria.
Per questo abbiamo proposto un reddito minimo garantito per tutti, per liberare il lavoro e per disegnare un moderno welfare universale. Vale la pena sottolineare che il lavoro incrocia la base materiale di una societa’ diseguale, anche nel rapporto maschile-femminile, e che il lavoro non puo’ piu’ estrarre ricchezza dalla dissipazione dell’ambiente. L’uguaglianza modernamente oggi vive nella parita’ di genere, nella critica della svalorizzazione delle diversita’, in una nuova profezia laica fondata sul custodire i beni comuni, la bellezza del creato, la dignita’ di ogni singolo individuo.

In secondo luogo bisogna costruire gli Stati uniti d’Europa. Dall’alto, integrando i processi istituzionali e politici, a partire dall’elezione diretta del presidente del Consiglio europeo, garantendo una governance federale della finanza pubblica continentale ed un controllo forte sugli eccessi della finanza. Dal basso, mettendo insieme soggetti politici e sindacati che non si richiudano negli egoismi nazionalisti. Per me non è più tollerabile che un operaio greco sia contro uno tedesco, ed entrambi contro quello italiano, mentre i loro affamatori speculano allegramente insieme sulle loro disgrazie.

Infine, credo che sia fondamentale mettere all’ordine del giorno la crisi morale e di valori che l’ingordigia neoliberista, e a maggior ragione da noi il berlusconismo, ci lascia come pesantissima eredità. La miseria della politica, sta proprio nell’essersi ridotta a riflesso e incarnazione di questo degrado etico, senza alcuna capacità di affrontarlo offrendo un orizzonte, un progetto complessivo e una speranza fondata. Una narrazione e il rinnovamento dei narratori, questo è il nostro obiettivo.

Su questa strada non c’è distinzione tra gli elettori dell’una o dell’altra forza della sinistra, o tra molti di quelli che, stomacati e disillusi, non votano più. E’ il nostro terreno comune, la somma di domande uguali per tutti alle quali dobbiamo rispondere cogliendo, perché anche in questo Mario Tronti ha ragione, la preziosa occasione che la crisi ci offre.
Nichi Vendola

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